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Problem solver e Problem solving

 

Chi è e cosa fà la figura del problem solver?

Quella del problem solver è una delle professioni più affascinanti nel mondo del lavoro. Dinamica ma anche metodica, difficile ma estremamente soddisfacente.

Di solito si tratta di un professionista esterno all’azienda, una figura che è coinvolta marginalmente nelle dinamiche organizzative e che per questo è in grado di mantenere un certo distacco e una fondamentale libertà di azione. Proprio come una mente esterna, valuta la situazione in modo oggettivo e affianca chi non ha lo stesso distacco ma deve comunque prendere decisioni importanti.

Il problem solver è quindi quella figura che aiuta dirigenti e amministratori a trovare la soluzione migliore per la propria attività, non certo sostituendoli ma proponendo loro un percorso strategico per arrivare al risultato.

In alcuni casi questa figura professionale può essere integrata all’interno delle aziende, soprattutto le più grandi, dove la ricerca di una soluzione veloce ma efficace è all’ordine del giorno. Nei casi più comuni, comunque, il problem solver si trattiene in un’impresa solo finché la situazione non raggiunge un equilibrio duraturo, limitando il suo intervento e lasciando spazio alle altre figure decisionali.

Non sempre le aziende necessitano di problem solver di professione, ma avere personale che abbia sviluppato questo tipo di competenza può senza dubbio fare la differenza nella scelta di un candidato. In ogni lavoro subentrano problematiche, ostacoli e intoppi: ecco perché figure in grado di trovare soluzioni efficaci, per il team e per l’impresa stessa, diventano risorse davvero preziose.

Il problem solver è una figura strategica per le aziende, per mantenere alta la produttività anche nei momenti difficili.

Il problem solver si approccia ai diversi ostacoli che si presentano sulla strada delle imprese. Non si tratta quindi di un dono innato, ma di un vero e proprio procedimento che rende praticabile anche la strada più dissestata.

Le spiccate capacità di arrivare a delle soluzioni efficaci sono infatti supportate da un procedimento costituito da diversi passaggi, di cui il problem solving è solo un tassello del puzzle. Procediamo con ordine, e vediamo quali sono le mosse fondamentali:

supporto
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Problem finding

Ovvero l’identificazione del disagio, del punto di rottura che crea il problema percepibile.

Problem setting

La definizione del problema per quello che realmente è. Non è sempre facile vedere in modo chiaro la reale causa della situazione in atto, per questo è fondamentale passare da una definizione del vero problema prima di agire.

Problem solving

il passaggio che comincia a prevedere una soluzione. Dopo aver capito bene di cosa si tratta, si può infatti passare a ipotizzare delle azioni riparatrici e programmarle.

Decision making

Sarebbe a dire la presa di posizione finale, solitamente condivisa con l’azienda.

Decision taking

l’ultimo passaggio cruciale per trasformare un gravoso problema in un’azione decisiva.

In questo modo, il problem solver è in grado di analizzare la situazione oggettivamente, prendere in considerazione diversi punti di vista e proporre soluzioni non solo corrette ma anche praticabili per l’azienda.


Le caratteristiche del problem solver


Non esiste scuola o università che insegni a diventare un problem solver, ma possiamo identificare alcune caratteristiche e competenze in grado di descrivere questa figura.

Abbiamo già parlato della sua distintiva abilità nel far fronte a difficoltà di ogni genere, da quelle semplici alle più complesse. Sicuramente la caratteristica che più lo descrive è l’elasticità: senza essere un esperto tuttologo, un buon problem solver è in grado di creare una visione panoramica di ogni situazione, qualsiasi sia l’ambito.

La seconda peculiarità di questa figura riguarda la sua intrinseca positività. Prova a pensarci, a cosa servirebbe aggiungere tensione e pessimismo in un ambiente già problematico? Il primo compito del problem solver è proprio quello di rimanere esterno ai fatti, non lasciarsi influenzare e, anzi, cercare di condizionare gli altri per raggiungere insieme un accordo. Uno dei suoi valori è quello di rimanere concentrato sugli aspetti positivi della condizione iniziale, per lavorare in un contesto favorevole alla soluzione.

Per raggiungere il risultato, però, il problem solver gioca un asso nella manica. Si chiama pensiero laterale e riguarda la capacità di porsi davanti a situazioni difficili prendendo in considerazione più punti di vista. Dalle valutazioni più scontate a quelle più minuziose, nulla viene lasciato al caso. Spesso la chiave di volta si nasconde proprio dove gli altri non guardano.

Infine, una caratteristica che lascia da parte il lato strategico per occuparsi invece dell’interlocutore. Il problem solver si deve relazionare con persone spesso nervose, agitate e difficilmente aperte all’aiuto. Ecco che le abilità sociali diventano fondamentali per arrivare a una soluzione non imposta ma elaborata dall’intera azienda. Il problem solver deve avere quindi pazienza nella gestione di situazioni pesanti e persone scontente, ma anche molta delicatezza nel rapportarsi a tutto ciò, all’insegna della professionalità.